“Welcome to Franklin Templeton Investments “: Xetra e LSE danno il benvenuto ai primi Franklin Libe
A solo un anno dalle prime quotazioni su territorio americano e a pochi mesi dallo sbarco in Canada, Franklin Templeton Investments, come Fidelity pochi mesi prima (aprile), arriva anche in Europa con la sua offerta ETF e un programma ambizioso che, secondo recenti dichiarazioni, dovrebbe portare entro breve quella che è una delle firme più note della gestione attiva a proporre un’offerta ETF globale di assoluto spessore in grado di competere sulle principali borse del continente (Xetra è il primo mercato ETF europeo) con concorrenti che vantano un’esperienza più che decennale. Pesano, e molto, i flussi in uscita dai fondi d’investimento attivi che la casa Californiana non era finora in grado di compensare con una altrettanto dinamica e positiva raccolta derivante da una gamma ETF con il proprio brand, come vale invece da anni per concorrenti come BlackRock (iShares) o Vanguard, ma anche il downgrading inflitto alla società da Moody’s nel giugno di quest’anno deve aver spinto per un accorciamento dei tempi e per uno sbarco repentino in Europa. L’abbassamento delle commissioni sugli ETF registrato negli ultimi mesi è sicuramente un altro fattore in grado di impattare negativamente sulla raccolta della gestione attiva come pure l’entrata in vigore dei regolamenti europei MIFID II previsti per il prossimo gennaio, i quali porteranno in dote anche un’esplicitazione dei costi alla clientela che difficilmente potrebbe produrre benefici alla raccolta della gestione tradizionale. In piena fee war e con una sempre maggiore concentrazione degli AUM su pochi leader di mercato, la discesa in campo di Templeton potrebbe sembrare oggi un azzardo ma è pur vero che mancare l’appuntamento con la crescita che il mercato ETF dovrebbe registrare ancora almeno fino al 2025 (70 miliardi di dollari investiti solo da inizio anno negli ETF quotati in Europa contro i circa 47 miliardi confluiti negli stessi nel corso del 2016) con ritmi sempre a doppia cifra si tradurrebbe, per un gestore squisitamente attivo, in una situazione ancor più scomoda, specialmente in considerazione delle ottime conferme ricevute dai primi dodici prodotti smart beta e alternativi attivamente gestiti quotati oltreoceano con circa 900 milioni di dollari finora raccolti tra USA e Canada.
L’offerta Franklin LibertyShares, quotata dal sette/otto settembre sia su Xetra (ma naturalmente anche sul circuito classico di Francoforte) che su LSE, si estrinseca in quattro strumenti con caratteristiche che evidenziano la volontà del provider di posizionarsi sin da subito su quelle che sono le colonne portanti della prossima generazione di ETF, i diretti concorrenti delle sue gestioni tradizionali e quindi, in assoluto, anche la categoria di strumenti tramite i quali è possibile “valorizzare” maggiormente il brand del gestore (essendo basati su strategie proprietarie rule based e, in prospettiva, anche attivamente gestite come quelle offerte in USA). I listini europei vedono infatti sbarcare quattro smart beta ETF (non market cap weighted quindi ) costruiti sui Franklin LibertyQ indices, una gamma di sottostanti multifactor. I LibertyQ indexes, desumono le propie componenti da indici più noti ( tali provider poi si occupano del calcolo e ne sono proprietari) per poi applicarvi le metodologie proprietarie single o multifactor smart beta a firma Templeton. Il Franklin LibertyQ Global Equity SRI UCITS ETF ( TER 0.40%) replica il LibertyQ Global Equity SRI Index ( MSCI) che desume le sue componenti dal MSCI ACWI SRI (large e mid cap da 23 paesi sviluppati e 24 emergenti) secondo una selezione multifactor che comprende Quality, Value, Momentum and Low Volatility e che si giova delle considerazioni Environmental, Social and Governance (ESG) già operate dall’indice MSCI di partenza ( che si avvale di sofisticati sistemi di rating e scoring sulla sostenibilità dell’investimento), anch’esse oggi molto apprezzate dal pubblico. Il Franklin LibertyQ U.S. Equity UCITS ETF ( TER 0.25% ) investe invece in large e mid cap a stelle e strisce ricomprese nel Russell 1000 replicando il multifattoriale LibertyQ U.S. Large Cap Equity Index (FTSE Russell) anch’esso basato su una strategia multifattoriale che considera gli stessi fattori sopra descritti per l’azionario globale ma senza considerazioni SRI. Questi multifattoriali capitalizzano i proventi a differenza dei prodotti che completano l'offerta, i quali offrono distribuzioni con frequenza quarterly. Il Franklin LibertyQ Global Dividend UCITS ETF ( TER 0.45%) e il Franklin LibertyQ European Dividend UCITS ETF ( TER 0.25% )costituiscono invece la parte dell’offerta focalizzata solo su quality e dividend replicando rispettivamente gli indici di MSCI LibertyQ Global Dividend Index (composto da titoli desunti dal MSCI AC World ex-REITS Index) e LibertyQ European Dividend Index ( componenti del MSCI Europe IMI ex REITS Index, ossia 80 tra large mid e small cap europee quotate in 15 mercati sviluppati) che impiegano anch’essi una strategia smart beta Templeton. La selezione delle componenti dagli indici MSCI si basa appunto sul criterio quality associato a valutazioni sul rendimento da dividendo che deve essere alto, regolare e in crescita. Quality e dividend sono gli approcci single factor che hanno raggiunto i migliori e più stabili risultati negli anni (senza considerare quelli esplicitamente protettivi) tanto che alcuni analisti li considerano migliori di strategie più complesse e necessariamente più onerose come le multifattoriali di nuova generazione, anch’esse costruite proprio per essere buy and hold. La stessa Moody’s ha dichiarato che il downgrading ricevuto dalla società, outlook sul debito senior da stable a negative, considera anche il ritardo che, secondo l’agenzia, l’asset manager californiano avrebbe accumulato sulla tabella di marcia rispetto ai concorrenti. Fidelity, un altro nome illustre della gestione attiva, era entrato già nel 2013 nel business degli ETF (dopo non poche critiche proprio per essersi mosso troppo lentamente rispetto alla concorrenza su quello che considerava un business poco attraente): oggi Fidelity consta AUM investiti nei propri ETF quotati in USA per 5.5 miliardi di dollari e la sua offerta occupa la diciottesima posizione oltreoceano ben lontana dai mille miliardi di BalckRock, leader indiscusso con iShares. Anche Fidelity per lo sbarco della sua offerta europea, che risale solo all’aprile di quest’anno, ha puntato sugli smart beta più evoluti, anello di congiunzione tra una gestione passiva e una attiva che, forse, semplicemente non può più permettersi di stare a guardare aggredita ormai sul proprio campo da replicanti sempre più “intelligenti” e competitivi.
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