Stop al pagamento in contanti delle retribuzioni
Dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o i committenti non potranno più corrispondere la retribuzione o il compenso della collaborazione per mezzo di denaro contante, direttamente al lavoratore o al collaboratore. Le modalità ammesse saranno il bonifico, altri mezzi di pagamento elettronici e l'assegno.
Di seguito un riepilogo delle nuove regole.
IL DIVIETO DI PAGAMENTO IN CONTANTI DELLE RETRIBUZIONI
La Legge di Bilancio 2018 ha previsto che dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro/committenti non potranno più corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato.
Dal 1° luglio 2018 scatterà, infatti, l'obbligo di corrispondere ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi: bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore; strumenti di pagamento elettronico; pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento; emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.
AMBITO DI APPLICAZIONE
Il divieto di corrispondere la retribuzione attraverso denaro contante è previsto per: ogni tipo di lavoro subordinato di cui all’art. 2094 del c.c.; ogni rapporto di lavoro originato da contratti di collaborazione coordinata e continuativa. In tale categoria si dovranno ricomprendere, sia le collaborazioni organizzate dal committente previste dall’art. 2, c.1, del D. Lgs. n. 81/2015 (ricomprese nella disciplina del lavoro subordinato), sia quelle escluse dal secondo comma del citato articolo, ad eccezione dell’attività prestate dagli organi di amministrazione e di controllo delle società, ed infine quelle che non avendo i requisiti di cui al c.1, sono da ricomprendere nelle collaborazioni previste dalla disciplina di cui all’art. 409, c. 3, c.p.c.; contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci ai sensi della legge n. 142/2001.
Il divieto non si applica, invece, ai rapporti di lavoro: instaurati con la pubblica amministrazione (art. 1, c.2, d.lgs n.165/2001); domestico (l. n.339/1958); rientranti nell’ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali per gli addetti a servizi familiari e domestici, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
MODALITA' DI PAGAMENTO AMMESSE
Le modalità ammesse, per la corresponsione della retribuzione, o di anticipi di essa, sono: bonifico sul conto indicato dal lavoratore ed identificato con un codice IBAN; strumenti di pagamento elettronico; apertura di un conto di tesoreria presso uno sportello bancario o postale ed effettuare un mandato di pagamento a favore del lavoratore; emissione di un assegno bancario o circolare consegnato direttamente al lavoratori. In caso di comprovato impedimento si potrà consegnare l’assegno a un suo delegato. E’ sempre comprovato l’impedimento quando il delegato nominato dal lavoratore è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, purché di età non inferiore a 16 anni.
La scelta di una delle previste modalità di pagamento potrà essere inserita nel contratto di lavoro, in tal modo si potrà prevedere una formula di quietanza diversa dalla soppressa sottoscrizione della busta.
SANZIONI
Per i datori di lavoro o committenti che violano la disposizione sulle modalità di corresponsione della retribuzione, viene comminata una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro.
La norma non prevede la sanzione per il pagamento in contanti, ma solo per il mancato utilizzo dei mezzi di pagamento della retribuzione previsti dalla novella.
Si dovranno, quindi, rispettare rigorosamente tali modalità al fine di evitare la sanzione prestando attenzione anche all’ipotesi di comprovato impedimento del lavoratore, nel caso di utilizzo dell’assegno o bancario o circolare.
QUIETANZA DI PAGAMENTO DELLA RETRIBUZIONE
La disciplina prevede che la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione. Tale previsione dovrebbe essere valida anche per i rapporti di lavoro originati da contratti di collaborazione coordinata e continuativa.
L’obbligo di redigere la busta paga è prevista dall’art. 1 L. n. 4/1953, la sottoscrizione per ricevuta di tale prospetto non è mai stata considerata quietanza dell’avvenuto pagamento della retribuzione, per la Corte di Cassazione la busta paga proveniente dal datore di lavoro ha piena efficacia probatoria del diritto di credito (Cass. n. 17413/2015). Attualmente è prassi aggiungere la dichiarazione del lavoratore che ha ricevuto la somma e quindi la sua firma viene apposta per quietanza, ciò fino all’entrata in vigore della nuova norma.
Oggi con la modifica normativa in discussione, il datore di lavoro dovrà provare il pagamento con altri metodi, sicuramente le nuove modalità sono di aiuto, si dovrà però fare attenzione al collegamento del pagamento con la prestazione lavorativa, quindi, nel caso di bonifico bancario, si dovrà aggiungere al bonifico, la causale con l’indicazione del mese di retribuzione.
L’unica modalità operativa che non necessità di integrazioni e quindi sia in grado di svolgere anche la funzione di quietanza, è il pagamento con un mandato a favore del lavoratore, previa apertura di un conto di tesoreria da parte del datore di lavoro.
In ogni caso la norma stabilisce che non costituisce più prova dell’avvenuto pagamento la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga, si potrà quindi fare un documento aggiuntivo, titolato quietanza di pagamento della retribuzione e lo stesso costituirà quietanza a tutti gli effetti.