Npl, la spinta Bce sullo smaltimento. Si parte da 40 miliardi
All’orizzonte, per le banche italiane, si prospettano certo più accantonamenti sui crediti. Ma anche, di riflesso, più cessioni di prestiti, specialmente di quelli non garantiti: segmento, questo, su cui potrebbe registrarsi un cambio di strategie da parte delle banche, con una revisione al rialzo del pricing, ma anche la vendita di prodotti di terzi e, forse, anche la cessione delle piattaforme interne di gestione.
Dopo il varo dell’addendum della Bce sugli Npl della scorsa settimana, l’Ssm ha alzato il velo su un testo che ha confermato quanto previsto nella prima versione di ottobre con la sola modifica di posticipare al 2021 l’entrata in vigore della misura.
L’effetto si vedrà anche nelle politiche di gestione dei crediti, in particolare su quelli deteriorati non garantiti, su cui pesa l’obbligo di svalutazione al 100% nel giro di un biennio dall’ingresso a deteriorato. Una montagna che vale oggi circa un quinto del totale degli Npl, pari a una ventina di miliardi di euro nel sistema bancario italiano in termini netti.
Troppo grande è il costo di tenere questa tipologia di Npl sui bilanci. In breve tempo, e ai primi segnali di deterioramento, di fatto, il credito andrebbe azzerato. E per il loro recupero le cose si fanno complicate.
Gli effetti che potrebbero crearsi sono due.
Il primo è un aumento delle cessioni stesse agli investitori specializzati. Si andrebbe così a rafforzare il trend che vede oltre 43 miliardi di euro di Npl, secondo le stime di Equita Sim, in arrivo sul mercato entro il prossimo biennio, per portare l’Npe ratio su livelli più vicini a quelli europei.
L’altro effetto, invece, è rappresentato dalla riduzione dell’incentivo a mettere a bilancio tali crediti.