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Emanuele L. Basso Ricci

MSCI: la Cina continentale entra con le A-shares nei portafogli degli ETF emerging più noti mentre


Con uno slogan d’ispirazione “vagamente trumpiana”,"MAKING CHINA SIMPLE AGAIN", MSCI introduce a giugno le Ashares cinesi nei suoi indici di punta, ma nell’ultima Market Classification Review trova spazio anche un'Arabia Saudita “emergente” che abbatte, finalmente, anche il divieto di guida per le donne

Tutto come nei programmi: oggi chi ha in portafoglio alcuni dei noti ETF con benchmark MSCI o Russell con focus emerging o world detiene anche una quota di Ashares cinesi. Come infatti preannunciato a maggio nel corso del Market Classification Review, dopo FTSE Russell, anche MSCI non delude le attese della Cina e a giugno include le Ashares continentali di Shenzhen e Shanghai nei suoi indici emerging e ACWI, seppur con le dovute cautele. La selezione dei titoli si limita, infatti, a una ridotta quota del mercato onshore (per alcuni perfino simbolica) al fine di consentire l’accesso ai più famosi indici MSCI soltanto alle large cap che mostrino una volatilità mai eccessiva e un ridotto rischio di sospensione. Se la percentuale di azioni che possono vantare queste caratteristiche è molto contenuta questo non limita affatto l’importanza dell’evento considerato l’enorme potenziale dell’equity cinese. Dal primo giugno, MSCI ha incluso nei suoi indici solo 234 azioni, un quantitativo leggermente superiore alle attese (222), ma che fa da apripista a quello che è oggi il secondo mercato dell’equity a livello mondiale per dimensioni dopo quello USA. Nel dettaglio, gli indici interessati mostrano ora le seguenti quote di equity cinese di tipo A: 1.26% MSCI China Index, 0.39% MSCI Emerging Markets Index e 0.10% per il MSCI ACWI Index. Come noto, tutti i provider hanno provveduto a realizzare anche indici dedicati a questa singola categoria di azioni al fine di dare all’investitore la possibilità di investire subito in questi titoli senza attendere che il processo di inclusione negli indici più diversificati si concluda (saranno necessari anni). Nel caso di MSCI, sono ben undici i nuovi indici lanciati, differenti per valuta e capitalizzazioni scelte. Il MSCI Cina A-shares, ad esempio, consente l’accesso a 700 large e mid cap continentali, il MSCI China MidCap Ashares opta per le aziende mediamente capitalizzate, altri ancora ampliano l’universo d’investimento anche ad altre categorie di equity cinese. In particolare, in questa sede risulta particolarmente interessante il MSCI China A shares Inclusion, benchmark che rivela un’esposizione esclusivamente large cap ma aggiornata nel tempo al preciso scopo di ricalcare e tracciare la parziale inclusione di queste azioni negli indici più diffusi. Questo indice ci mostra, dunque, le caratteristiche del paniere scelto per i top indices sia in termini di top ten holdings sia per quanto riguarda sector/country breakdown, informazioni, queste, che provvediamo a riportare di seguito:

  • KWEICHOW MOUTAI A (HK-C) 5.21% (Cons Staples)

  • PING AN INS A (HK-C) 3.71% (Financials)

  • CHINA MERCH BK A (HK-C) 3.28% (Financials)

  • HANGZHOU HIKVIS A (HK-C) 1.99% (Info Tech)

  • MIDEA GROUP CO A (HK-C) 1.90% (Cons Discr)

  • INDUSTRIAL BANK A (HK-C) 1.83% (Financials)

  • SHANGHAI PUDONG A (HK-C) 1.71% (Financials)

  • ICBC A (HK-C) 1.68% (Financials)

  • WULIANGYE YIBIN A (HK-C) 14.04 1.65 Cons Staples

  • SAIC MOTOR CORP A (HK-C) 13.22 1.56 Cons Discr

Financials 33.03%, Consumer Staples 12.73%, Industrials 12.29%, Consumer Discretionary 10.47%, Information Technology 7.47%, Materials 6.41%, Health Care 6.38%, Real Estate 5.54%, Utilities 3.44%, Energy 2.12% e Telecommunication Services 0.12%.

Al fine di rispettare alcuni limiti al trading che ancora persistono nel contesto dello Stock Connect, il processo di inclusione delle Ashares negli indici è però articolato in due fasi, la seconda della quali si concretizzerà ad agosto di quest’anno, con il raggiungimento di una quota complessiva del 5% del mercato cinese delle Ashares rappresentato all’interno dell’indice MSCI Emerging Markets, rispetto al 2.5% attuale (in termini di capitalizzazione di mercato aggiustata). Le Ashares passeranno da una quota dello 0.39% ad una dello 0.8% del portafoglio dell’indice. In conclusione, il colosso asiatico, che già detiene il 30.5% del portafoglio di questo indice via classi di equity tradizionali (Bshares, Overseas, Hshares, ADRs, REDchips, Pchips), amplierà la sua influenza dello 0.8%. Secondo previsioni MSCI, la piena inclusione del mercato Ashares porterebbe ad una riduzione della quota dell’equity offshore cinese (al 25.8%) e all’esclusone di alcuni paesi emergenti minori dall’indice in funzione dell’ingresso di una quota del 16.2% destinata alle Ashares: la Cina raggiungerebbe dunque il 42% dell’indice ed avrebbe ampi margini di crescita sottraendo quote alla quota "others" oggi al 28.9%. L’interesse per le Ashares non ha certo colto impreparati gli issuers, con DWS (Xtrakers) che sceglie proprio il MSCI China A Inclusion Index come nuovo benchmark per l’ETF che nel 2015 ha segnato il suo sbarco sul mercato americano ossia il Deutsche X-trackers CSI 300 China A-Shares Hedged Equity ETF (NYSE Arca: ASHX), prodotto di conseguenza rinominato proprio in questi giorni come Xtrackers MSCI China A Inclusion Equity ETF. Registrato anche in Italia e lanciato proprio questo mese sulle altre principali borse Europee, il Market Access STOXX China A Minimum Variance Index UCITS ETF, strumento firmato China Post Global(1), è invece il primo ETF smart beta sull’equity cinese ad essere lanciato sui circuiti europei. Lo strumento, che adotta la replica fisica, intende puntare sull’equity di tipo A portando però in dote un minor volatilità rispetto alla concorrenza, frutto del factor minimum variance applicato alla selezione. L’ETF, al fine di garantire un’ adeguata diversificazione, deve anche rispettare dei cap per quanto riguarda il singolo emittente (8%) e limitare la somma delle quote superiori al 4.5% ad un massimo del 40% del portafoglio. Anche l’Arabia Saudita, alla ricerca di fonti di finanziamento alternative al petrolio, ha incassato i frutti del grande impegno legato all’ambiziosissimo piano di sviluppo Saudi Vision 2030 e ai molti aggiornamenti portati al suo sistema finanziario. MSCI ( come anche FTSE Russell in marzo), include oggi il paese nella categoria emergenti, un segnale importante che, ( non è certo un caso), è seguito, proprio in queste ore, della cancellazione del divieto di guida per le donne nel paese, un traguardo storico che elimina finalmente un simbolo di repressione ormai unico nel suo genere a livello globale, certo inconciliabile con le ambizioni saudite. Per l’inclusione negli indici però, tanto per MSCI che per FTSE Russell, si dovrà aspettare almeno il 2019 con la concreta realizzazione di ulteriori aggiornamenti al circuito borsistico, che, proprio in questi mesi si dovrebbe dotare per la prima volta di un efficiente sistema di clearing house, adeguare i meccanismi di opening e closing (e di trading in generale) a quelli dei circuiti internazionali, e implementare un programma di market making efficiente. Le riforme non mancheranno di modernizzare il mercato dei titoli di stato locali, accessibile agli investitori istituzionali ma ancora troppo arretrato per le loro esigenze di base. L’Arabia saudita dovrebbe raggiungere grazie all’inclusione una quota del 2.3% dell’indice emerging di MSCI. Anche in questo caso gli issuers di ETF non si fanno cogliere impreparati. Non perde tempo, ad esempio, Invesco che sceglie proprio giugno per lanciare il primo ETF in Europa con esposizione esclusiva sul paese, il MSCI Saudi Arabia UCITS ETF (la prima emissione di un prodotto di questo tipo sul NYSE è invece da attribuirsi ad iShares nel 2015). L’ETF negozia in dollari americani su LSE e offre esposizione via swap al MSCI Saudi Arabia 20/35 Index. Considerata la struttura interna del mercato azionario saudita, da pochi anni accessibile, l’indice opta per un limite massimo fissato al 35% per la società più capitalizzata e del 20% per ciascuno degli altri 31 componenti.

(1) China Post Global detiene il marchio Market Access acquistato da RBS e fa capo ad un’importantissima realtà cinese dell’Asset Management.

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