Inquinamento ambientale e contaminazione del sito
La Cassazione, sezione III, con sentenza n. 50018/2018, ha stabilito che il delitto di inquinamento ambientale, previsto ex art. 452bis codice penale, «ha quale oggetto di tutela penale l’ambiente in quanto tale e postula l’accertamento di un concreto pregiudizio a questo arrecato, secondo i limiti di rilevanza determinati dalla nuova norma incriminatrice, che non richiedono la prova della contaminazione» così come definita e regolata dagli artt. 240 ss. d.lgs. 152 del 2006». La norma penale infatti non richiama il concetto di contaminazione del sito, si limita prevedere la punibilità di chi, abusivamente, provochi un deterioramento o una compromissione significativa “1) delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; 2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna”. Sarebbe pertanto errato, come esplicitamente ritiene la Corte, affermare che per accertare la «sussistenza del reato previsto dall’art. 452 bis cod. pen. si debba necessariamente accertare che ci si trovi di fronte ad un sito contaminato». Ciò anche in ragione del fatto che le definizioni e le citate previsioni contenute nel d.lgs. 152/2006 sono destinate alla regolamentazione della attività di bonifica relativamente a profili di rischio sanitario, e non possono pertanto essere richiamate quali elementi costitutivi del delitto di inquinamento ambientale.
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