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Emanuele L. Basso Ricci

Allianz IM entra nel business ETF: il controllo del downside risk è ormai"un lavoro da assicuratori”

Il gruppo Allianz è presente nel business ETF con la controllata PIMCO ma, con il lancio dei primi due prodotti recanti il nome della capogruppo sul NYSE Arca, opera oggi anche una precisa mossa strategica, inquadrando questo prodotto come perte integrante della sua gamma assicurativa. In un mondo finanziario che con la recessione e la pandemia Covid19 vede di molto ridotto l'appetito al rischio delle masse di investitori retail ormai incapaci di fronteggiare l'accresciuta dinamicità dei mercati, le riserve di liquidità senza precedenti accumulate negli ultimi anni attendono soluzioni d'investimento più in linea con i tempi, soprattutto per quanto riguarda la gestione del rischio. In quanto leader mondiale nella gestione delle dinamiche del rischio, il gruppo Allianz coglie ppaieno l'opportunità e conferma quello stretto legame tra insurers ed ETF già portato in luce dagli ultimi dati sull'asset allocation dei principali player istituzionali, dove proprio questa categoria di “professionisti del rischio” mostra da anni un sensibile e continuo aumento delle posizioni su ETF equity (queste in forte declino solo nel 2019, e oseremmo dire “a ragione”) ma soprattutto fixed income sia ad alto standing creditizio che high yield nei loro portafogli. Con linvestitore che ricerca protezione prima ancora che rendimento, una proliferazione di prodotti equity finalizzati a portare in dote un rendimenti fisso o quantomeno “stabilizzato” da strategie, più simile a quello tipicamente obblgazionario, è altamente probabile. A tal proposito, i nuovi AllianzIM ETFs, AllianzIM U.S. Large Cap Buffer10 Apr ETF (AZAA) e AllianzIM U.S. Large Cap Buffer20 Apr ETF (AZBA) si propongono infatti come due strumenti attivamente gestiti che, tramite specifiche strategie in options, riescono a compensare un ammontare di perdite prefissato nel valore dell'indice di riferimento equity (S&P500), il 10% o il 20% a seconda del prodotto scelto, al prezzo, naturalmente, di un cap all'incremeto di valore dell'investimento, il quale nei due casi esposti non potrà spingersi oltre il 10.6% o il 5.41% (evitare perdite fino al 20% richiede necessariamente un maggior compromesso sui potenziali guadagni). Le commissioni richieste soni pari allo 0.74% per ambedue le soluzioni d'investimento, peraltro piutosto competitive rispetto ad una concorrenza presente ma molto contenuta (Firt Trust in primis). E' importante comprendere che la protezione agisce in hedging del risultato su un periodo predeterminato di un anno (ad oggi dal lancio fin al primo aprile 2021). La possibilità di restare investiti in un mercato come quello odierno, con grande potenziale di ripresa (in caso di fine epidemia) ma pure con enormi rischi al ribasso (downside risk) con i macro mai così negativi, per di più in un paniere altamente diversificato come quello dell'S&P 500 con aspettative plausibili sui potenziali ritorni dell'investimento nel medio lungo termine nonostante l'accentuata volatilità, costituisce il valore aggiunto di questi prodotti.


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La National Association of Insurance Commission apre agli ETF come fonti di reddito fisso e li aiuta a diventare più liquidi


Un rivoluzione tutt'altro che silenziosa. Grazie alle ultime modifiche volute dalla National Association of Insurance Commission, alle compagnie di assicurazione presenti sul territorio statunitense è ora permesso considerare i fixed income ETF quali fonte di reddito stabile nel tempo (prima erano considerati al pari delle azioni). Questo permetterà a immense riserve di liquidità di riversarsi su questi prodotti, ora considerati asset meno rischiosi e pertanto meno onerosi anche dal punto di vista delle riserve di capitale necessarie a poterli tenere nel portafoglio di un insurer. Le compagnie di assicurazione sono già grandi buyers in ETF e solo nel 2019 hanno mostrato una forte contrazione degli acquisti, questa però limitata agli strumenti equity, mentre aumenti a dopia cifra si sono registrati per quanto riguarda proprio i bond ETF ad alto rating e persino ETF high yield (questi aumentati in modo non trascurabile). Alla luce di queste evidenze stupice ancor meno l'intervento FED a sostegno di questi strumenti, il primo della storia. Altra importante novità riguarda invece il calcolo del valore di questi bond ETF, con l'introduzione del systematic value accounting anche per i replicanti, il che permette di contabilizzare questi assets sulla base dei cash flow del sottostante. Come previsto da tempo su queste pagine, il problema della liquidità del bond market potrebbe essere risolto proprio dagli ETF, quella forma d'investimento che finora proprio in campo fixed income non era mai riuscita a sovra performare un fondo in bond attivamente gestito.

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