Decorrenza del termine per la riassunzione del processo interrotto per fallimento
Le Sezioni Unite civili della Corte di cassazione si sono pronunciate sulla dibattuta questione dell'individuazione del momento dal quale decorre il termine per riassumere il processo interrotto a seguito della declaratoria del fallimento di una delle parti.
La sentenza che dichiara il fallimento priva il fallito dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni (art. 42 c.1 L.F.).
L’effetto conseguente è la perdita del soggetto fallito della capacità processuale, relativamente ai rapporti di pertinenza fallimentare (così Cass. civ., Sez. lav., 6 giugno 2017, n. 13991), effetto volto alla tutela della massa dei creditori (Cass. civ., Sez. V, 9 marzo 2011, n. 5571) e perdurante fino alla chiusura della procedura, la quale determina la cessazione degli organi fallimentari e il rientro del fallito nella disponibilità del suo patrimonio (Cass. civ., Sez. II, 26 giugno 2019, n. 17149). Quindi, l’apertura del fallimento provoca l’interruzione del processo, il quale è soggetto a estinzione se non proseguito o riassunto entro il termine perentorio di 3 mesi, ex art. 305 c.p.c.
Con la sentenza n. 12154 del 7 maggio 2021, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate sulla «dibattuta questione circa l'individuazione del momento da cui debba aver corso, per la parte che non sia fallita, il termine per la riassunzione del giudizio nel caso di interruzione ex art. 43, comma 3, l.fall.». Questo perché la parte non dichiarata fallita deve essere «in grado di conoscere se si sia verificato l'evento interruttivo e, in caso positivo, deve essere nelle condizioni di sapere da quale momento decorre il termine, semestrale o trimestrale, per la riassunzione» tenuto conto che nei casi di interruzione intervenuta di diritto «la conoscenza che si richiede, ai fini della decorrenza del termine per la riassunzione è comunemente individuata in quella legale, ottenuta tramite atti muniti di fede privilegiata quali dichiarazioni, notificazioni o certificazioni rappresentative dell'evento medesimo […] alle quali non è equiparabile la conoscenza di fatto altrimenti acquisita».
Le Sezioni Unite, dopo aver rilevato che l'articolo 43 della Legge fallimentare non individua il momento di decorrenza del termine per la riassunzione, hanno valorizzato il «canone positivo» dell'articolo 143 del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, ai sensi del quale il termine per la riassunzione del processo interrotto a causa dell'apertura della liquidazione giudiziale «decorre da quando l'interruzione viene dichiarata dal giudice» e hanno enunciato che: «in caso di apertura del fallimento, ferma l'automatica interruzione del processo (con oggetto i rapporti di diritto patrimoniale) che ne deriva ai sensi dell'art. 43 co. 3 l.f., il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all'art. 305 c.p.c. e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 l.f. per le domande di credito, decorre da quando la dichiarazione giudiziale dell'interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte; tale dichiarazione, ove già conosciuta nei casi di pronuncia in udienza ai sensi dell'art. 176 co. 2 c.p.c., va direttamente notificata alle parti o al curatore da ogni altro interessato ovvero comunicata – ai predetti fini – anche dall'ufficio giudiziario, potendo inoltre il giudice pronunciarla altresì d'ufficio, allorché gli risulti, in qualunque modo, l'avvenuta dichiarazione di fallimento medesima».
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