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Immagine del redattoreLivio Baj

Il giardino degli aranci

Il Giardino degli Aranci (La nave di Teseo, 2022) comincia nel luogo che dà il titolo al libro, all’Aventino, dal quale si scorge sullo sfondo il Cupolone di San Pietro, e dove, su un muretto, mentre come per magia si sentono le note della fortunata canzone My Favorite Things, siede in attesa, stranamente puntuale, Luciana, in abito rosso. Una compagna di liceo, inseguita, amata, e poi persa di vista: lei si era messa insieme al suo amico Attilio, attirata dalle attenzioni giornaliere di Nino Nino ma anche frenata dai suoi silenzi. Si erano incontrati dopo tanto tempo.



Memorie e quotidianità, vita banale e sogni: la lingua quasi lirica di Voltolini ci consente di vedere immagini come filtrate dalla parola letteraria, poetica, leggera. Il giardino, metafora dell’Eden, è il luogo di partenza di questa rêverie, un luogo nebbioso, dove è scesa come per incanto una leggera foschia che sembra voler nascondere tutto ed erigere un muro alto e impenetrabile tra la Città Eterna, Nino Nino e Luciana, il sogno infranto di una giovinezza lontana, di quello che avrebbe potuto essere e non è stato.

Un libro da leggere, quello di Dario Voltolini, anche se non solo per la qualità stilistica della scrittura.


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